- Buona Santa Pasqua -

-Via della Croce-

Brani scelti da   DIETRO LA CROCE  di  don Primo Mazzolari

Tavole pittoriche della brava  Adelina Zandrino (1893-1994) 

 

 

 

I calvari di questa pasqua

Quello di 1942 anni fa so dov'è: presso Gerusalemme. Neppure un monte: un rialzo qualsiasi, volgare, maledetto. Il Golgota.
Vi è salito Gesù nel primo pomeriggio di parasceve, dopo l'agonia e la cattura, dopo l'infamia di una procedura senza legge e senza cuore, tra abbandoni, tradimenti, viltà, false testimonianze, false indignazioni, falsi scrupoli, tra ferocie e dileggi inumani.
Lassù - oggi la Via crucis non riesco a seguirla perché il Crocifisso m'afferra sensi, memoria e cuore - fu inchiodato e innalzato per la nuova agonia. Appena morto, fu dischiodato per darlo in grembo alla Madre. La croce è rimasta in piedi, intatta, vuota, in attesa di me, d'ognuno.
Ovunque è una croce, lì è un Calvario e un crocifisso. Di croci vuote, quest'anno, non ne vedo una, e son così spesse che ovunque guardo non vedo che croci e crocifissi.
Ogni uomo è croce e crocifisso insieme, e dove egli è, ivi si erge un calvario.
C'è oggi un luogo donde non ci venga un lamento d'agonizzante?




So che cosa vuol dire salire su di un pulpito, tenere in mano una Parola, consegna di dovere e di coscienza, venutaci da Chi ha diritto ch'io gli impresti la mia voce e la mia fedeltà. Le mani tremano, anche se il cuore è fermo.
Il prete comincia a leggere... Ai piedi c'è un mondo come ai piedi della croce.
Penso ai vescovi, ai parroci, ai preti della cattolicità che in questi giorni di passione leggono la Parola del Crocifisso del Golgota e di quello del Vaticano. Non ho mai sofferto come in questo pensiero per la comunione dei santi e per la fraternità, né mai n'ho tanto goduto.
Ricordo il venerdì santo del 1920 nella chiesa parrocchiale di Cosel, in Alta Slesia. Una folla d'uomini, soli uomini. Predicava il vecchio parroco, in tedesco. Capivo poco di tedesco, eppure mi pareva di capire. Teneva in mano, parlando, il Crocifisso. Le parole che sanno di lagrime e di sangue chi non le capisce?
Oggi, sopra ogni pulpito di chiesa, non c'è più un prete che parla con un crocifisso di legno in mano: c'è un unico crocifisso, un crocifisso vivente, le mani trafitte, i piedi inchiodati, il cuore spalancato...
                     - Padre, perdona loro, non sanno...

 

 


 - Ho sete.

Tutte le seti nella sete del Signore: la sete del disperso e del ferito: la sete di tenerezza del lontano: la sete di giustizia del conculcato; la sete di patria dell'esule: la sete di gioia terrena dell'uomo; la sete di gioia eterna del santo.
So che qualcuno riesce a chiudersela nel cuore la propria sete, senza gridarla. Quello è certo un uomo forte: cioè più di un uomo o meno di un uomo.
Io sono un pover'uomo e chiedo una goccia d'acqua a tutte le fonti, una parola d'amore a tutti i cuori. Se chiedo, sono un mendìco, è vero: ma quanta fede nel Signore cela la mia povertà! Se oso domandargli una goccia d'acqua vuol dire che c'è la goccia d'acqua, ch'essa fu voluta dalla sua onnipotenza, pensata dalla sua carità proprio per la mia sete di oggi.
Per tutte le labbra riarse mandano acque le fonti del Signore, stillano rugiada le erbe del Signore: si donano al sole le nevi e i ghiacciai del Signore.
Su ogni Calvario c'è sempre una canna e una spugna per arrivare alle labbra del Signore.
Chi non vuol essere importunato dice che nessuno ha sete.
"Lasciate che il Morente ci trapassi il cuore col suo grido: «Ho sete». Dopo averlo ascoltato ci tremerà la mano se oseremo accostare alla nostra bocca il bicchier d'acqua che il Signore ha disposto per chi muore. Ci son troppe gioie omicide e ben pochi se n'accorgono.




 

«Oggi, sarai con me in paradiso».

Muore di sete e dispone del paradiso per un ladrone!
Così vuole la logica del vangelo. Se non ho sete non ho acqua per nessuno. La mia povertà mi fa capace del dono. «Guai a voi, satolli.. .». Son coloro che credono di avere e non hanno: di essere arrivati e non sono neppure per istrada. Mentre coloro che «hanno fame e sete di giustizia» sono gli unici che, essendosi accorti che il mondo è pieno di affamati e di assetati, hanno scoperto i granai e le sorgenti eterne.
- Oggi, sarai con me in paradiso.
La parola porta i segni della grandezza di Dio.
Un morente che dice a un morente: «Ricordati di me quando sarai nel tuo regno» è il vertice della fede toccato da cuore d'uomo. Cristo deve aver pensato: «Non ho mai trovato tanta fede in Israele».
Non dimenticate ch'egli chiedeva un regno a chi gli moriva accanto, sopra una croce d'infamia come la sua, le mani crocifisse come le sue: un vinto, un reprobo!
E non gli domanda né una parola, né uno sguardo, le uniche cose di cui forse poteva ancora disporre; gli domanda l'eterno.
Se questa non è suprema follia, è certo la prova che lassù, sul Golgota, si giocava veramente la partita decisiva per quel tesoro «che nessun ladro può rubare e nessuna tignola consumare».
Come ladro, egli doveva aver ben appreso quando, a qualunque prezzo, convenga fare il baratto. Nessuno può ingannare un ladro che muore.

    




«Padre perdona loro, perché non sanno ciò che fanno».

Cristo ha vinto la morte perché dopo di lui nessuno può morire col cuore che non sa perdonare.
Le piccole offerte si possono fare con qualunque cuore: l'offerta suprema non può essere fatta che da un cuore mondo.
La vita non è un colpo d'obice che si può sparare imprecando. Se uno ha appena il tempo di accorgersene, vede di fare della propria vita un dono buono, anche per chi gliela toglie.
Che cosa sappiamo quando facciamo soffrire e morire il fratello?
Il perdono che il Morente invoca sui suoi crocifissori poggia su due cardini: la bontà inesauribile del Padre, la nostra inguaribile ignoranza...
Ci facciamo del male e non sappiamo perché: ci uccidiamo l'un l'altro e «crediamo di rendere omaggio a Dio».
Si deve odiare il male, ma chi soffre, ma i poveri occhi che non vedono, ma chi muore ogni giorno, non lo si può odiare.
Le idee si odiano tra di loro, ma i morenti si perdonano a vicenda, perché la morte è l'ora della purificazione suprema.
Non si può andare incontro al Mistero con l'anima nel buio. Per discendere sereni e placati ci vuole la lampada: Aptate vestras lampadas.





«Dio mio, perché mi hai abbandonato?».

Dona il Regno a un ladrone: perdona a chi lo crocifigge e non sa vincere l'abbandono del cielo.
Ognuno sa che gli uomini abbandonano: abbandonano e non sanno neanche di abbandonare. Ma Dio sa che sto male, che in certe ore non ne posso più. Lo sa e mi lascia solo.
«Mostrami un segno del tuo favore, onde quelli che mi abbandonano lo veggano e ne sian confusi» (Salmo 85,17).
Quanti cieli si rabbuiano nell'«ora della tenebra»! Quante fedi piegano sotto la tempesta della malvagità umana!
Ma l'uomo è troppo povera cosa per chiedergli conto direttamente di quanto accade di brutto nel mondo e per colpa sua.
Da ogni letto di dolore o da ogni terra di sventura, il lamento o la rivolta, la bestemmia o la preghiera, saliranno sempre verso l'Eterno.
I confini del cuore sono segnati in terra di Dio. Ogni nostro vero dibattito, non può essere contenuto in termini umani e trabocca sul divino, ove la nostra piccola logica trova conclusioni impensate.
Più mi sembra d'essere un dimenticato dal Padre, più lo chiamo: più s'allenta la sua mano e più tenacemente m'attacco a lui: più egli m'abbandona e più a lui m'abbandono.
- In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum.



 


Il morente mi guarda...

Domandai ai miei fanciulli qual è il monte più alto. Il Calvario: uno mi rispose. E sarà tre volte l'argine del mio fiume: una rupe piuttosto che un monte, un luogo di condannati!
Eppure, di là si vede tutto e si vede giusto.
Nessuno osò mettersi più in alto di Gesù, e il Calvario è proprio il punto più alto della sua vita.
Che cosa ha visto di lassù?
Ci si immagina il morire: quasi degli occhi che si chiudono. Ma c'è anche lo sguardo del morente, che si fissa nell'anima come un segno dell'al di là e tutto consacra ovunque si posa. La prima volta che salii sul Sabotino, guardando dall'osservatorio, ove una granata austriaca stroncò i ventidue anni del mio Peppino, pareami che ogni sasso, ogni pianta, ogni erba, su cui il suo occhio si era un giorno posato nella vana ricerca di una materna tenerezza, fossero reliquie. Avrei voluto tutto accarezzare.
Ora, seguo il tuo sguardo, divin Morente. Che cos'hai visto?
 

 





 

... quelli per cui muore, non quelli che lo fanno morire.

La sua bontà non fu arrestata dalla nostra cattiveria, la quale, inchiodandogli le mani, non gli chiuse le braccia: sbrecciandogli il cuore ne fece straripare l'amore.
Noi non siamo diventati più buoni perché Tu sei venuto tra noi: ma la nostra tristezza non scalfì il tuo amore. Tu sei rimasto buono in un mondo di tristi e l'occhio paziente della tua misericordia ci vede buoni.
Un po' d'acqua che diventa vino: qualche pane che si moltiplica: un cieco che vede: un morto che risorge è poco in confronto di una bontà che dà un volto buono a tutti i cattivi.
Perché tu mi guardi così, anch'io, oggi, sono buono.


 


 

. . . i due ladroni.

Come da due confluenze opposte, due onde continue, silenziose e tragiche s'infrangono da secoli contro il Morente: il dolore che nega il suo dolore. Ogni pena umana, come ogni goccia d'acqua, si fa rivolo, torrente e fiume: misteriosamente s'inalvea e per questi due versanti corre verso l'oceano spalancato del cuore di Cristo, ove s'ingorga, si confonde, si placa. Disperazione e abbandono in lui si ricongiungono, attendendo, più che il giudizio, la misericordia di chi intende ogni grido, terge ogni lacrima, placa ogni tempesta.
- Ricordati di me - ti dice il buon ladrone: e Tu gli dai il paradiso: il tuo, grazie a una goccia di umana pietà.
All'altro, che bestemmia ancora perché non sa, gli doni il tuo capo reclinato, perché incontrando il tuo volto trasfigurato dalla morte, gli salga un pensiero d'amore. Omnis figura eius amorem spirat: manus expansae, caput inclinatum.

 

 



 

... il Cielo chiudersi perché gli uomini sono cattivi.

- Dio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? - Al Giordano e sul Tabor il Cielo si apre e parla: sul Calvario una cortina di tenebra spessa si pone fra l'amore del Padre e lo sguardo del Morente.
L'odio è la bestemmia che sfigura la faccia del Padre, e ci impedisce di vederlo. Come non c'è amore verace verso Dio senza carità verso il prossimo, così non è facile l'accesso fino a lui se il prossimo non ci mostra un segno qualsiasi della divina bontà. Il di là è troppo lontano se non ci viene un po' vicino nel di qua.
Se tutte le mani si chiudono, se tutti i cuori si serrano, se nessuno mi guarda, se nessuno mi sfiora con un bacio le labbra riarse, come potrò riconoscerti, o Signore, come pane, come amore, come pietà?
- Padre, perdona: non sanno...
Così tu vinci la nostra tristezza. Ma io sono cattivo e se Tu non impresti a qualcuno di qui le tue braccia perché mi sorreggano, non riuscirò a scorgere il sorriso della tua infinita bontà.



 

 

Ha visto me...

Se vi è qualche cosa di buono in me è quello sguardo. La mia vocazione è in quello sguardo. La commozione che provo in questo momento è il riflesso di quello sguardo, che non si chiuderà mai più sulle piaghe della mia povera anima.
E dopo aver visto me, non poté più vedere avanti. Ha visto troppo... Et inclinato capite...
Signore, son io che ti faccio morire e pure oso guardarti.
Pietro ti guarda e si salva.
Il buon ladrone ti guarda e si salva.
Il centurione ti guarda e si salva.
I farisei non hanno guardato Gesù: Giuda lo ha baciato, senza guardarlo...
Io ti faccio morire, ma ti guardo... Voglio che tu mi apra la piaga del tuo cuore perché mi vi nasconda dentro: che i tuoi angeli dischiodino le tue braccia perché esse mi sollevino sopra la mia polvere di peccato: che essi distacchino i tuoi piedi benedetti perché mi conducano lontano da questo mondo che non vuol credere al tuo amore.

...E io lo guardo



 


 

- O vos omnes, qui transitis per viam, attendite et videte...

- Non abbiamo tempo: la vita corre...
- Un attimo solo: c'è un uomo che muore.
- Che c'importa?
La parabola del samaritano continua. Chi è prossimo per Gesù che muore?
Almeno uno sguardo.
Pietro guarda Gesù e si salva.
Il buon ladrone guarda Gesù e si salva.
Il centurione guarda Gesù e si salva.
I farisei non hanno guardato Gesù. Giuda ha baciato Gesù senza guardarlo.
Io voglio guardare Gesù che muore.

Cosa vedo?




 

 Vedo il mio peccato.

- Delicta quis intelligit? Allora sono in buona compagnia.
Alla predica del peccato ci ho sempre capito poco. Dove volete che arrivino i sassi lanciati da questo monellaccio?
- Se tu conoscessi...
Adesso so dove arriva il sasso che lancio a cuor leggero.
Sul tuo volto che si sfigura: sul tuo costato che si apre: sul tuo corpo che è tutto una piaga: sulle tue mani inchiodate: sul tuo capo coronato di spine. Tu sei il Crocifisso di ogni ara, crocifisso in ogni creatura, crocifisso per amar mio, per causa mia.
E tu, per farmi cuore, mi dici: - Muoio per te.
Se fossi un galantuomo, dovrei risponderti: - Son io però che ti faccio morire.
E senza indurirmi come i farisei, senza disperare come Giuda, col cuore di Pietro, del buon ladrone, del centurione.



 


 

Vedo come s'afferma il bene quaggiù.

Dura lezione alla leggerezza con cui m'accingo ad opere che hanno per sfondo e garanzia l'eternità.
Chi crede non ha fretta.
Chi crede non mendica le briciole degli uomini per la cattedrale dell'Eterno. Chi crede non si meraviglia né protesta se lo incoglie la persecuzione dei lontani e dei vicini. Chi crede sa che il regno dei cieli patisce violenza e che solo i violenti lo rapiscono. Chi crede sa che il deserto può fiorire in una notte e che un giardino può essere reso all'istante deserto.
Chi crede sa che i giorni del bene sono come i giorni del seminatore. Ibant e flebant... Chi crede sa che la potenza si esalta nella debolezza.
Quale potenza manifesta Gesù in croce! I piedi non possono più portarlo verso gli sventurati: né le mani toccare gli occhi dei ciechi, né le parole raccogliergli intorno la moltitudine stupita, né lo sguardo sconvolgere il fondo delle coscienze e rivelare all'uomo tutto sé stesso. Ma sulla croce, ove ha abdicato ad ogni potenza esteriore, egli è più potente che mai: esempio e promessa al tempo stesso della potenza del cristiano quando, come Gesù Cristo, si trova ridotto alla sola sua croce.




Un più grande miracolo

- S'egli è il Figliuolo dell'uomo, scenda ora giù dalla croce e noi crederemo in lui. (Matteo 27,42)

C'è tutto di crocefisso, oggi, e senza volerlo riconoscere apertamente, ognuno si sente di fazione sopra un calvario, ai piedi di una croce, ove qualcuno o qualche cosa in cui, credenti o non credenti, abbiamo un po' sperato, sta per morire.
Questo convergere di cuori e di sguardi, da una parte e dall'altra della fossa che abbiamo scavata per fame una trincea, anche se attesa e sfiducia vi si confondono, è uno dei pochi aspetti umani di quest'ora disumana. Fino a quando c'è un calvario e una croce sul nostro cammino, l'umanità non è perduta. Cristo, ancora una volta è al vertice del nostro dramma, è lo stesso nostro dramma, che, prima di trovare in lui la soluzione sospirata, prende da lui le parole e i momenti edificanti.



 


 

 

Da qualche ora il Cristo è sulla croce e presso a spirare. La fine è segnata irrimediabilmente come una disfatta: i suoi nemici, quindi, non avrebbero più nulla da chiedergli.
Invece i capi dei sacerdoti con gli scribi e gli anziani non sanno distaccarsi dal Calvario. «S'egli è il Figliuol di Dio, scenda ora giù dalla croce e noi crederemo in lui».
Dietro la beffa e l'ingiuria, dichiarate dallo stesso Vangelo, c'è la loro poca sicurezza. Il «re dei giudei» moriva ignominiosamente, ma essi non erano ancora sicuri della sua fine, almeno non ne erano così sicuri da voltar pagina una volta per sempre e non pensarci più.
Se domani faranno custodire gelosamente il sepolcro, è troppo giusto che oggi sorveglino la croce fino a tanto ch'egli ha fiato.
Gli uomini della materia, per quanti successi raggiungano, rimangono sempre poco tranquilli sulle proprie conquiste. Essi sentono d'aver costruito un'enorme statua coi piedi d'argilla o d'aver camminato strade ampie e lunghe che però non continuano. Dev'essere paurosamente tragico un tal senso e ben desolante il dubbio d'aver speso tante energie e sacrificato tante vite per una terra senza approdo o per una casa che non regge.
«Vedrete coi vostri stessi occhi» ci ammonisce s. Paolo «se avete costruito col ferro o con la paglia». La storia è divenuta un crogiuolo che a breve distanza dagli avvenimenti o nel cuore stesso degli avvenimenti, li prova col fuoco.
Le spade cadono di mano ai vittoriosi come gli strumenti da quelle dell'artista, ogni volta che lo Spirito non ne sorregge lo sforzo.
Le disfatte dell'uomo che, sacrificando la propria dignità, s'illude di poter costruire le grandezze di un'epoca, segnano le svolte più fosche della storia e le ore più desolate dell'anima che nessun frastuono di beffa, d'ingiuria o di menzogna può distogliere dal pensare che qualcosa di nuovo si prepari anche nel fondo di una tomba sigillata, ovvero che uno si stacchi dalla croce, dove le nostre mani ve l'hanno inchiodato.
Lo spirito non muore: e ne è prova l'angoscia di chi non ha fede, che lo fa malsicuro nel trionfo, diseredato nel possesso, disfatto nella vittoria.
Non è necessario che Cristo discenda dalla croce perché noi crediamo in lui. Quando non si è sicuri né della propria strada, né del proprio lavoro, né della propria conquista, implicitamente si ammette che 1'Altro può avere ragione. E l'Altro non è che l'Uomo della croce, ai cui piedi, proprio oggi, siamo di fazione.


 

 


 

Anche molti cristiani nelle ore torbide e provocanti del male chiedono che il Cristo scenda dalla croce.
Che uno si sgomenti in ore siffatte è umano, come umana è la tentazione di abbandonare colui che non scende dalla croce per dominare gli avvenimenti.
Ma il Cristo resiste anche agli «uomini di poca fede», come ha resistito al tentato re e alla folla che gli chiedevano prodigi.
- Se tu sei il Figlio di Dio, gettati giù di qui.
Non si tenta Dio. Per chi vuole il miracolo, c'è quello di Giona, vale a dire il sepolcro, cui Egli s'abbandona come ogni povera carne.
Se il Cristo volesse procedere col passo delle forze terrestri non si lascerebbe sorprendere, né catturare, né giudicare, né condannare, né crocifiggere. Opporrebbe forza a forza, violenza a violenza, astuzia ad astuzia...
Ma gli uomini non ci guadagnerebbero nulla se dovessero essere trattati allo stesso modo sia per raggiungere la verità come per constatare la menzogna. La verità libera, non solo perché è verità, ma per la maniera con cui si fa strada quaggiù. Ogni adesione imposta dal di fuori, anche se conduce alla verità o al bene, rischierebbe di essere schiavitù.
Se Cristo scendesse dalla croce come noi pretendiamo, sia per poter gli credere se lontani, sia per rincuorarci se dei suoi, tanto l'adesione come l'esaltazione rimarrebbero sul piano delle grandezze materiali. La stessa paura che ci fa crocifissori ci farebbe inginocchiare.
Ora è ben giusto che Cristo non voglia simili adoratori, come non vuole discepoli che, ad ogni svolta un po' brusca, gli chiedano un prodigio per sottrarsi all'impegno di rendergli testimonianza.
Però, la tentazione di gridargli: - scendi dalla croce - rimane, poiché neanche un uomo di gran fede può sopportare senza una mortale angoscia, il massacro di milioni e milioni di vite umane, la distruzione di città e di continenti, l'accumularsi di rovine materiali e morali, in fondo a cui non si scorge alcun segno dello spirito.
Confesso umilmente che non trovo pace in certe devote spiegazioni del mistero.
Preferisco il mistero tal quale, come lo vedo sul Calvario e nella storia che continua il Calvario. Il mistero ha contorni insopportabili, ma, al centro, c'è qualcosa che mi fissa il cuore nel momento stesso che me lo attanaglia. Le mie capacità di male, che sono enormi, si placano e si chiariscono nel dolore soltanto, come solo nel dolore si dispongono le provvidenziali riprese dell'uomo spirituale.
Forse questa è la condizione necessaria per «nascere di nuovo», poiché «quel che nasce dalla carne è carne, ma quel che nasce dallo spirito è spirito». E lo spirito si manifesta appunto nel «credere che il Figlio dell'Uomo è stato mandato non per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
Il giudizio e la salvezza del mondo devono essere su due piani diversi se il Signore li ha così nettamente opposti.
Si è sul piano del giudizio quando chiediamo al Signore di scendere dalla croce: si è sul piano della salvezza quando accettiamo l'obbedienza del Cristo «fino alla morte e alla morte di croce» «avendo Iddio tanto amato il mondo che gli ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita».

 

 



...Ad quid?...

C'è un'agonia di dubbio che dura da secoli e che, nel nostro, par quasi si esasperi di fronte a un'evidenza insultante: il bene si perde, come «l'olio odorifero di nardo schietto»di Maria di Betania.
I calcolatori, i pratici, se lo chiedono davanti ad ogni gesto che non abbia un tornaconto immediato.
Giuda ha fatto scuola.
Lavorare in perdita: soffrire in perdita: morire in perdita: stupidità che il nostro mondo non capisce, né scusa, né tollera.
Giuda vende il Maestro divenuto inutile.
Pilato si sconcerta davanti a un Re che vuol morire. Erode lo giudica un pazzo. E prima di lui, tale l'avevan giudicato anche i parenti.
«Ora, i suoi parenti, vennero per impadronirsi di lui, perché dicevano: È fuori di sé» (Marco 3,21).
E non avevano torto, come non avevano torto Erode, Pilato, Giuda, i sommi sacerdoti.
Che strano raduno - convenerunt in unum - e di qual disumana «ragione» sono in possesso!
Con Cristo infatti, l'irrazionale, che è già nella nostra natura, è entrato nel mondo, prese corpo nel mondo in una maniera sconcertante. Il mondo ha preso una nuova dimensione, la dimensione di coloro che danno la vita per gli altri.
La croce è l'unità di misura di questa nuova dimensione umana che sconfina sull'Eterno: il Crocifisso è la presenza di questa nuova realtà; senza la quale non si capisce niente e tutto diventa disumano, quaggiù.
- C'è proprio bisogno - mi sento dire - di questa illogica dimensione, che esige il sacrificio? Non è un nuovo tormento buttato sulle spalle e sul cuore dell'uomo? Perché chiedergli una devozione che gli impedisce di vivere? Se il Cristo è la voce di questa esigenza imposta all'umanità, meglio riprendere il grido del Pretorio: «Tolle, tolle eum! Crucifige eum!».
Ma il tragico incomincia appunto dopo il Crucifige. Il Morente non muore perché, in ognuno di noi, anche in colui che grida «toglilo! toglilo», c'è il segno di una croce, presagio e conferma di quella del Calvario. Che io lo voglia o no, la mia vita è legata al mio perdermi per coloro che amo. «Chi perde la propria vita, la ritrova». La più illogica affermazione, la più folle pretesa urge nel mio cuore. «Caritas Christi urget nos».
Qualche cosa si sprofonda in me: il mio egoismo frana, si apre un abisso: punto d'inserimento d'una logica che sono costretto a riconoscere come l'unica strada della mia felicità e della mia ricchezza umana.




 

Infatti, se riesco a capire questo nuovo aspetto della mia vita, ove il perdere è il solo guadagno vero che posso fare, non sono più povero.
La povertà non è mancanza né di danaro né di successo, ma la impossibilità di spendermi, cioè la mancanza assoluta d'amore.
Se posso dare, sono ricco. Donando, mi apro un credito senza limiti su Dio: dissuggello in me «la sorgente saliente a vita eterna».
Chi domanda, è sempre un mendicante; chi rapisce, un mendicante; un mendicante chi violenta, strappa, conculca, opprime.
Egli non ha mai nulla da dare, perché nulla mai gli trabocca dal cuore.
Ecco il più gran male del nostro tempo. E si allarga come la peste: ne siamo tutti minacciati.
Si salva soltanto chi ha fede nella carità.
Chi crede nella carità non esige l'eguaglianza, non vanta diritti, non è un defraudato, non serba alcun risentimento.
Come il Crocifisso, tiene le braccia spalancate ed il cuore aperto: può donare il perdono ai crocifissori e il paradiso al buon ladrone.






Le stazioni della Via Crucis

1.Gesù è flagellato, deriso e condannato a morte
2. Gesù è caricato della croce
3. Gesù cade per la prima volta
4. Gesù incontra sua Madre
5. Gesù è aiutato a portare la croce da Simone di Cirene
6. Santa Veronica asciuga il volto di Gesù
7. Gesù cade per la seconda volta
8. Gesù ammonisce le donne di Gerusalemme
9. Gesù cade per la terza volta
10. Gesù è spogliato delle vesti
11. Gesù è inchiodato sulla croce
12. Gesù muore in croce
13. Gesù è deposto dalla croce
14. Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro

                                        




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